[76] Sed urgetis identidem hominum esse istam culpam, non deorum. Ut si medicus gravitatem morbi, gubernator vim tempestatis accuset; etsi hi quidem homunculi, sed tamen ridiculi: 'Quis enim te adhibuisset', dixerit quispiam, 'si ista non essent.' Contra deum licet disputare liberius: 'In hominum vitiis ais esse culpam: eam dedisses hominibus rationem, quae vitia culpamque excluderet.' Ubi igitur locus fuit errori deorum? Nam patrimonia spe bene tradendi relinquimus, qua possumus falli; deus falli qui potuit? An ut Sol, in currum quom Phaethontem filium sustulit, aut Neptunus, cum Theseus Hippolytum perdidit, cum ter optandi a Neptuno patre habuisset potestatem?
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76. Voi per? continuate ad insistere che questa ? colpa degli uomini e non degli d?i. E' come se un medico
deplorasse la gravit? della malattia o un timoniere la violenza della tempesta; ? vero che in tal caso si tratterebbe di
semplici uomini, ma il loro atteggiamento sarebbe comunque ridicolo: ? chi ricorrerebbe a voi ? si potrebbe chiedere ?
se non esistessero questi inconvenienti? ? Con gli d?i si pu? polemizzare pi? agevolmente: ? Tu affermi che la colpa sta
nei difetti dell'uomo. Ebbene, avresti potuto dare all'uomo una ragione che ne eliminasse i difetti e le colpe ?.
Ma che possibilit? ha un dio di sbagliare? Noi uomini lasciamo le nostre eredit? nella speranza di fare cosa
buona, e in questo possiamo ingannarci. Ma come pu? ingannarsi un dio? Forse come si inganno il sole quando fece.52
salire sul carro il figlio Fetonte o come si ingann? Nettuno quando Teseo perdette il figlio Ippolito grazie al privilegio
concessogli dal dio di veder esauditi tre desideri?
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